L’omaggio al Maestro Luiso Sturla
Nel 2018 l’Omaggio al maestro è stato dedicato a Luiso Sturla. Il maestro, al termine dell’evento, ha donato al Comune una delle opere esposte, visibile oggi nell’ufficio del Sindaco. Le immagini della manifestazione 2018 su https://www.flickr.com/photos/florartearenzano/albums/72157676571689768
Il catalogo 2018 su https://issuu.com/florartearenzano5/docs/catalogo_florarte_2018
Interrogare lo sguardo
La natura viva di Luiso Sturla
di Sandro Ricaldone
Di quali occhi avremo bisogno
e di quale pazienza
o di quale cecità improvvisa
per vedere il giorno?
(Philippe Jaccottet)
La finestra che Leon Battista Alberti fissava come un quadrangolo, la «finestra aperta per donde io miri quello che quivi sarà dipinto»1, ha smarrito, nel tempo, i suoi margini. Non solo sono mutate, attraverso i secoli, «le modalità del guardare dalla “finestra” nel cui perimetro il gesto pittorico si svolge»2, ma sembra che l’ampiezza della finestra sia venuta estendendosi sino a confondersi con il mondo, sino a dissolversi nello sguardo che sul mondo si posa.
Non si tratta più di incorniciare un ritratto con un paesaggio distante, come nella celebre Dama dei gelsomini3 di Lorenzo di Credi, o di farne una fonte di luce obliqua alla maniera del dipinto di Vermeer della National Gallery of Ireland che raffigura una donna che scrive una lettera4, quanto piuttosto di far entrare la finestra nell’occhio, come ha fatto – non però metaforicamente ma ancora mimeticamente – Dürer nel suo Ritratto di Filippo Melantone5.
Questa attitudine conduce alla scomparsa del dualismo interno/esterno, fondendoli in una visione che a sua volta incorpora una coloritura personale, intima, degli elementi percepiti. È, questo, un tratto sotteso in generale alla “situazione non improbabile”6 o della temperie dell’Ultimo Naturalismo (a ben vedere né ultimo né naturalista in senso proprio) che, senza troppo condizionarla con il suo spettro padano, ha lambito la pittura ligure del secondo Novecento. Ma è, nella specie e con miglior chiarezza, l’apporto originale distillato nel suo lavoro da Luiso Sturla, per come si è progressivamente evoluto muovendo dalle maglie strette dell’arte concreta (retroterra dal quale riaffiora talvolta un seppur dissimulato esprit de géométrie) al materismo pregnante e drammatico delle opere a cavallo tra i tardi anni ’50 e i primi ’60 per approdare alla dimensione sorgiva, d’aria e vegetazione, vibrante ma nel contempo sospesa, che ne contraddistingue gli esiti attuali.
«Dal più visibile bisogna andare verso il sempre meno visibile, che è più rivelatore e più vero”, annota ancora Jaccottet. In questa direzione appunto si è volta la ricerca di Sturla, nell’esercizio di uno sguardo che si sofferma a interrogare la propria visione per trarre le cose e il mondo «dal fondo del loro silenzio»7 e introdurli ad un nuovo colloquio.
Viene così ad articolarsi, per frammenti, una trama che dà voce ai fenomeni elementari del ciclo naturale. Che ne coglie il manifestarsi allo stato nascente, facendone memoria attraverso il mimetismo del segno e la forza evocativa della materia.
Se In un giardino antico (1990) il gesto è ancora sferzato sulla carta in andamenti intrecciati, seppure sommersi al centro del dipinto da un assorbimento di luce, nei lavori del nuovo millennio si ricompone in molteplicità di emblemi minimali, talvolta distesi su riquadri simmetricamente disposti su sfondi luminescenti (come in Omnia, 2003), altrove dispersi ai margini in impronte o vaghe parvenze calligrafiche (Fiori e palmipedon, 2011). Lo sguardo del pittore, nel riflettere lo scenario vegetale, popolato da glicini e ulivi, di felci e melograni, si modella assimilando le qualità della natura: la luce in primis, animato silenzio e potenza creatrice, e – per converso – l’oscurità generata dall’intreccio serrato dei rami (Sul fiume, 2014); il tempo che trasforma la vita e le forme nella sequenza delle stagioni, dal seme levato dal vento al rigoglio delle fronde; il calore che pervade i toni di Popolazione nel rosso (2004); la liquidità increspata che attraversa Popolazione fluviale (2004). Raccoglie nell’immagine, nei suoi cromatismi e nei tracciati che l’innervano, il pulsare di una natura viva. E in certo modo ne estende il compimento, intuendone le radici e gli sviluppi in un moto che procede di tela in tela, di carta in carta, disegnando quell’orizzonte «universale e solitario», che nel leonardesco Avvertimento al pittore9, è indicato come proprio dell’arte e dell’artista.
Note
- Leon Battista Alberti, Della pittura (1435), libro I, 19.
- Federico Ferrari, Della finestra, in F. de Marco, Stella, Maretti, San Marino 2014.
- Lorenzo di Credi, Ritratto di giovane donna o Dama dei gelsomini (1485-1490), Pinacoteca Civica, Musei di San Domenico, Forlì.
- Jan Vermeer, Donna che scrive una lettera alla presenza della domestica, 1670-71, National Gallery of Ireland.
- Albrecht Dürer, Porträtt von Philipp Melanchton, incisione su rame, 1526.
- È il titolo di uno scritto di Francesco Arcangeli sull’Ultimo Naturalismo, comparso su “Paragone”, A. 8, n. 85 (gen. 1957), pp. 3-45.
- Philippe Jaccottet, Paysages avec figures absentes, nouvelle édition, Gallimard, Paris, 1976, p. 27. La citazione in esergo costituisce il finale di Lever du Jour, in Poèmes 1961-1964, Gallimard, Paris, 1967, p. 76.
- Maurice Merleau-Ponty, Le visible et l’invisible, Gallimard, Paris, 1964, p. 18.
- Leonardo, Trattato della Pittura, cap. VIII.


Note biografiche di Luiso Sturla
Nasce a Chiavari il 28 marzo del 1930. Dopo il Liceo artistico si iscrive alla Facoltà di Architettura di Torino che abbandona dopo due anni per dedicarsi alla pittura. Tiene la sua prima personale nel 1950 a Chiavari, dove nello stesso anno apre il suo primo studio. Presto abbraccia l’esperienza astrattista, successivamente aderisce al MAC (Movimento Arte Concreta), di cui Sturla sarà coordinatore per la Liguria dal 1955 fino allo scioglimento nel 1958. Nel 1956 apre a Milano uno studio con Pierluigi Lavagnino e nel 1958, dopo aver compiuto un viaggio di aggiornamento di tre mesi in Spagna, si accosta alla ricerca Informale. Nel 1959 incontra Renato Birolli verso il quale fin dall’inizio nutre un profondo interesse. Contestualmente all’attività pittorica Sturla si dedica con molta passione anche alla progettazione di interni e nel 1959 progetta e realizza la decorazione del Night Club Antares a Lavagna, ancora oggi conservato, con l’intento di creare un unico insieme artistico tra elemento architettonico, arredo e pittura. Si tratta di oltre 200 metri quadrati di superficie dipinta in cui le forme circolari tracciate sulle pareti sembrano innestarsi nella consistenza materica del muro a intonaco e i motivi modellati in gesso sul soffitto fanno da contraltare alla decorazione del pavimento, generando un’unica percezione tridimensionale.
Su invito di Paolo Lionni (figlio del grande grafico Leo) nel 1960 si reca a New York dove resta più di un anno e dove entra in rapporto con la ricerca dell’Abstract Expressionism, da William De Kooning a Mark Rothko a Franz Kline. Partecipa a due collettive e realizza una sessantina di tempere e disegni su carta che esporrà solo dal 1995 in varie mostre sotto il titolo di Carte Americane.
Al rientro in Italia si stabilisce inizialmente a Firenze, dove frequenta gli esponenti del gruppo Astrattismo Classico fiorentino, e successivamente a Milano. Da questo momento inizia una produzione artistica sempre più intensa che, possiamo affermare, non ha soluzione di continuità fino ai giorni nostri, presentata in numerosissime personali e in prestigiose collettive in Italia e all’estero. Tra l’altro nel 1972 espone e soggiorna a lungo a Buenos Aires, incontrando i principali esponenti dell’arte argentina del tempo.
Con gli anni ottanta emergono importanti riconoscimenti all’opera del Maestro: vanno ricordate almeno le partecipazioni alla Biennale Nazionale d’Arte di Milano (1984, 1987 e 1994), alla mostra storica organizzata a Palazzo Reale a Genova dedicata all’Informale in Liguria, curata da Franco Sborgi (1981), nonché la nomina di Luiso Sturla ad “artista grafico dell’anno” sul Bolaffi Mondadori (1981).
L’opera di Sturla diventa oggetto di analisi e recensioni prestigiose. Il Comune di Chiavari organizza la sua prima antologica nel 1985 presentata da Roberto Sanesi e nel 2000 gli dedica per il suo 70° compleanno un importante antologica curata da Gianfranco Bruno.
Dagli anni novanta diventa conclamato il riconoscimento del suo ruolo nell’evoluzione dell’arte contemporanea, Sturla è invitato a partecipare con opere storiche e inediti a numerosi eventi espositivi d’arte contemporanea.
Nel frattempo si tengono due preziose e complete antologiche della sua opera: nel 2011 al Museo di Palazzo Reale di Genova negli spazi del Teatro del Falcone, con la mostra Alfabeti del paesaggio curata da Claudio Cerritelli e Rossella Soro e l’anno successivo nel Salone delle Scuderie del Palazzo della Pilotta di Parma, con una mostra curata da Ivo Jori e Marina Travagliati. Anche il prestigioso Museo Sivori di Buenos Aires gli dedica nel 2014 la rassegna retrospettiva Poesia di Vita a Colori curata da Serena Mormino, che verrà poi replicata l’anno successivo all’Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires. Nel 2017 un’altra impostante antologica curata da Arturo Carlo Quintavalle e Marina Travagliati è stata ospitata nella Madonna della Vittoria di Mantova.
Luiso Sturla, dopo aver abitato e lavorato nei suoi atelier a Milano per oltre cinquant’anni, vive a Chiavari e continua a dipingere intensamente: la sua produzione recente è stata presentata in numerose importanti personali nel corso degli ultimi anni.